Sul Cielo di Grassano il sole non splende ancora   

Grassano, novembre.

  Scendendo e risalendo le rampe macché rampe! Pendii scoscesi tortuosi e ciottolosi delle strade, mi domandavo se l’on. De Gasperi dal ponte di San Giuliano, dopo aver inaugurato la Diga del Bradano sulla carta dei costruttori, si fosse degnato di visitare i tuguri di Grottole e le stamberghe di Grassano abbandonati alle sue spalle a pochi chilometri di distanza. Il dubbio non era né ingiustificato né demagogico. Quel poco che l’on. De Gasperi disse di essere stato fatto dal 1905, da Zanardelli cioè, al 1950 non esiste neppure. L’ho appreso dalla bocca della povera gente di Grassano, dai braccianti, dai vecchi della piazzetta triangolare, fermi ai piedi del grande palazzo Materi, che domina il paese, i monti e le valli. Mi hanno detto che nel mese di giugno sentirono parlare di un pezzo grosso che doveva venire a portare il benessere ai vecchi, ai contadini, al popolo povero, ma non ne videro neppure l’ombra ed ora hanno scordato anche il nome. Forse il Capo del Governo fu convinto dai suoi sindaci e prefetti che era propaganda diabolica delle Sinistre la povertà dei contadini lucani, i quali, al contrario, nel loro ambiente vivono conseguentemente. 

Alcuni Titoli dei numerosi 
corsivi scritti dal
Prof. De Lucia

  E’ lo stesso che dire ad un gobbo, come gobbo sei perfetto! Ma la verità è un’altra, perché è la storia di ieri e di oggi, documentata, che condanna tutti i governi reazionari e clericali che hanno sperperato l’erario pubblico o per la conquista di illusori imperi o per potenziare forze armate italiane al servizio dello straniero. Né per chiamarsi esploratore l’uovo di Colombo!  o per conoscere l’anima lucana basta un lussuoso viaggio attraverso le strade asfaltate e circondato dai feudatari di Policoro.

  E’ presunzione questa, o se si vuole, insulto vero e proprio alla dignità e alla miseria del popolo di Lucania. Perché, prima degli illustri moderni esploratori, la Lucania conobbe gli splendori delle civiltà greca e latina e là, a Metaponto ed Eraclea, gli avanzi ne testimoniano il passato. Ma poi la prepotenza dei ricchi e dei vassalli medioevali gettò le mura intorno al contado e la povera gente fu costretta a lavorare e a produrre per il padrone. E visse per secoli come vive a tutt’oggi: ignorante, schiava della terra, piena di superstizione, di magie, di fanatismo religioso, rassegnata alla ineluttabilità del suo infelice destino, sospetta della faccia di ipocrita del suo signore e pertanto chiusa in un individualismo egoistico che è la conseguenza logica e naturale del sistema di vita che conduce. Come il nonno, come il padre, anche i figli devono vivere là in campagna, curvi alla terra. Il diritto alla vita, alla luce del pensiero è del figlio del ricco, perché può vestire abiti e calzare scarpe, comprare i quaderni e avere la merenda. Ma la prole della povera gente non ha tutto questo; ha la pelle dei piedi scalzi che non costa niente e per coprirsi una giacca che ha visto diverse spalle.

  E si aggiunga a ciò la mancanza assoluta dell’ambiente scolastico che spinge qualche ragazzo di buona volontà a disertare l’aula, nonché il docente, che non è tenuto all’eroismo! Si pensi che in Comuni di circa 9000 anime, come Grassano, manca un edificio scolastico. Insegnanti ed alunni di mala voglia sono costretti ad abitare stamberghe o, se si vuol essere larghi, stalle ripulite di vecchi conventi e di case cadenti. Eppure i milioni ci sono! Ma ci sono per creare organismi politici ed enti pseudoautonomi che nascondono gli intrighi più lerci e gli interessi più sfacciati di appaltatori e di costruttori, ci sono per i cantieri scuola che non servono a nulla, ci sono per rialzare le sorti di qualche secolare chiesetta senza candele e senza Cristo, ci sono per costruire campi sportivi ove, tornando dai collegi clericali dopo aver comprato una promozione, i figli dei signori ricchi possano nel periodo estivo trovar sollazzo ai loro pingui ozi. Ci sono dunque i milioni ed allora è tutta una congiura contro la povera gente, contro i figli del popolo, i quali devono restare analfabeti, tonti, perché sia più facile tenerli schiavi e non permetter loro avanzare pretese di giustizia e di libertà.

  Girando per i vicoli senza luce e senza sole di Grassano, affacciandomi sulle porte delle case oscure, piene di tanfo, ove grugnisce il maiale accanto al letto matrimoniale, la buona gente mi guardava stupita e con l’aria di poter esporre i suoi bisogni e le sue miserie. «Tutti vengono a visitarci, parea che dicesse, tutti parlan di noi, ma nessuno ancora ci libera da questa cappa di piombo che ci impedisce di camminare. Una notte lunga senza stelle incombe, mentre noi siamo ansiosi del Sole».

  Espressione precisa dell’intelligenza popolana che così condanna il nulla di fatto di tutti quei predicatori in abito talare e senza, che il 18 aprile sfruttarono il voto ingenuo della povera gente. La quale ricordò che un uomo con la pipetta tanti anni or sono, a Grassano confinato, scrisse delle sue tristissime condizioni e della sua povertà morale, intellettuale e materiale e che un giorno, tornando, da un gruppo di facinorosi avvinazzati e assoldati dai signorotti fu impedito di parlare. Quello sì, mi dissero i contadini, che amava i poveri e per opera sua il mondo tutto ha conosciuto l’anacronismo di tutti i governi reazionari italiani, vuoi fascista, vuoi clericale, i quali vanno in Africa ad asfaltare strade al Negus e lasciano le regioni italiane in uno stato morale al di sotto delle tribù ascare. Allora ho visto dinanzi ai miei occhi materiali il capitano Sciancato che passerà alla storia legato a Cristo fermatosi ad Eboli e ho visto la casetta dove Carlo Levi abitò e studiò ed approfondì le cause morali del medioevo che incombe ancora sul buono, onesto, intelligente, laborioso popolo lucano. Se non è certo il libro del Levi a dare la spinta in avanti, restando fermi e decisivi i principi del marxismo, vero è che il Cristo indaga in profondità e per la prima volta scopre alla storia i responsabili di tanta sciagura umana che per la civiltà millenaria cristiana e latina, di cui si fan cavalieri i governi borghesi, resta un marchio indelebile. Ma il popolo che lentamente si ridesta farà da sé ciò che altri non fa. Me l’han detto i contadini, i braccianti della piazzetta. Abbiamo aperto gli occhi e vogliamo che sul nostro cielo brilli il Sole.

  La voce robusta, il tono forte mi hanno convinto che il sole non tarderà realmente a splendere e ad illuminare di sua luce il rosso vessillo della libertà e della giustizia.

(Tratto da «Mondo Operaio» – Novembre 1950)    
            

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