Politico e Poeta d'altri tempi

  In un altro corsivo, sollecitando la sistemazione della Murgia e della Selva Mercadante per dar lavoro a migliaia di disoccupati, bacchettò, per l’ennesima volta, governo ed agrari:

  «Se il governo veramente intraprendesse la sistemazione delle Murge, si porrebbe fine alla disoccupazione con un lavoro di anni e anni e si attuerebbe veramente la riforma agraria che, aggiungiamo noi, il governo non vuol fare.» 

Andria 1958.

  E in un altro passaggio, stigmatizzando i vecchi agrari meridionali «chiusi nel loro inqualificabile egoismo», aggiunse: «E’ dominante in essi la mentalità che le cose possono andare come sempre sono andate e vanno e che il bracciante e il valano si accontentano di poco o di nulla…»

  Scioperi, manifestazioni e scontri spinsero l’esecutivo a varare una riforma destinata alle aree di maggiore arretratezza. Il governo s’impegnò a ridistribuire tra i contadini una parte delle terre abbandonate. Istituì la Cassa del Mezzogiorno, con l’intento di avviare lo sviluppo delle zone depresse attraverso una gran mole di opere pubbliche e la realizzazione di strade, acquedotti, impianti. Nella realtà, le cose andarono in modo diverso. La riforma agraria, contestata dai latifondisti e criticata da molti osservatori per le sue lacune ed i suoi limiti, lasciò irrisolti numerosi problemi.

  Il progetto concepito da De Gasperi e Segni, originariamente, aveva mirato all’espropriazione e al frazionamento di circa 3.700.000 acri di terre incolte da assegnare ai contadini; ma, in seguito, grazie alle pressioni provenienti da ogni parte, era stato ridimensionato, con la conseguente assegnazione di un numero inferiore di terre. La cattiva gestione del denaro pubblico, le assegnazioni clientelari, la nascita di aziende scarsamente produttive, fecero il resto.

  Nella neonata Repubblica e, in particolar modo, nel Mezzogiorno, povertà ed analfabetismo tartassavano i ceti più deboli. Nel 1951, il 77% degli italiani aveva solo la licenza elementare. Il 13% era costituito da analfabeti (nel Sud, questo valore saliva al 25%). I laureati rappresentavano l’1% della popolazione. L’obbligo scolastico giungeva fino a 10 anni. Il 40% della popolazione attiva era costituito da operai ed il 30% da contadini.  

  Nell’estate di quell’anno, Dino De Lucia descrisse, attraverso la stampa, la vita miserabile di alcune famiglie altamurane stipate in cunicoli vicini al mattatoio: «Entrando nei cubicoli dei cani, inondato di sole, lastricato a cemento, scorgiamo un nucleo di bimbi e bimbette, scalzi tutti, semivestiti in parte, intenti al gioco e quasi incuranti del fuoco che scende dal cielo.» E più avanti: «Molte donne sono sbucate dagli usci coperti da stracci per impedire alle numerose mosche e zanzare di entrare. Sono povere giovinette, da poco sposate…  

Altamura,  P.zza Repubblica.
Elezioni Provinciali (1956).

  «Veniamo a conoscenza che quei tre mucchi di tufi, distanti qualche metro, nell’atrio, all’aria aperta, d’estate e d’inverno, sotto il sole, la pioggia, la neve, il vento, sono le cucine per sette famiglie. Incredibile ma vero. Come mai è possibile? «Eppure risponde svelta una donna è possibile! Bisogna vedere quando piove! La legna si bagna, il fuoco si smorza e devi gettar fiato per far riprendere la fiamma. Se tira vento, la cenere fa mulinello e penetra nel calderone. Bisogna incominciare daccapo. Finché è acqua, si va alla fontana a trecento metri e tutto va liscio, ma, pensate, quando nella caldaia c’è la pasta. La devi risciacquare perché non abbiamo soldi per ricomprare l’altra!»

  «Sono orgogliose queste donne di denunciare alla stampa il loro inumano e bestiale modo di vivere. «Venite, entrate, vedete» , ci dicono. «Quei signori del Comune non ci credono, il sig. sindaco ci ha gettati qui, al macello, con i cani arrabbiati e gli animali infetti di carbonchio.»
      

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