Politico e Poeta d'altri tempi

  Le battaglie contro gli amministratori locali erano combattute senza sosta. Chi governava era accusato di «doppiogiuochismo», perché, prima delle consultazioni amministrative, presentava programmi allettanti sul piano delle riforme sociali. Programmi poi disattesi, una volta conquistato il Comune, in ossequio al «protezionismo clientelistico». Il PSI, tra le altre cose, chiedeva «il risanamento delle finanze comunali; l’equa ripartizione degli oneri fiscali… al fine di far gravare il peso delle imposte sulla vera ricchezza, e di esonerare o alleggerire, nella maggiore misura possibile, i redditi minimi degli artigiani, dei piccoli commercianti, dei piccoli e medi agricoltori, degli esercenti, degli impiegati di tutte le categorie che vivono del proprio lavoro». E ancora: «la lotta ai tuguri, l’incremento dell’edilizia popolare ed il risanamento dei fabbricati e dei claustri…; il riordino e la sistemazione degli edifici scolastici esistenti, con l’impianto definitivo dei termosifoni; la costruzione di un nuovo edificio con l’incremento dell’Asilo Infantile, l’effettivo funzionamento del Patronato Scolastico e della Refezione; la creazione del dispensario antitubercolare e della farmacia popolare; l’estensione ed il miglioramento delle forniture d’acqua, delle fognature e dell’energia elettrica; un migliore e più sollecito funzionamento degli organi assistenziali; l’assegnazione dei terreni demaniali ai contadini poveri.»  

  Su «Mondo Operaio», il professore non aveva lesinato critiche a De Gasperi, giunto in visita in Basilicata, descrivendo «i tuguri di Grottole e le stamberghe di Grassano», la «povertà dei contadini lucani», condannando «i governi reazionari e clericali che hanno sperperato l’erario pubblico o per la conquista di illusori imperi o per potenziare forze armate italiane al servizio dello straniero.» Descrivendo la condizione della gente: «Ignorante, schiava della terra, piena di superstizione, di magie, di fanatismo religioso, rassegnata alla ineluttabilità del suo infelice destino, sospetta della faccia di ipocrita del suo signore e pertanto chiusa in un individualismo egoistico che è la conseguenza logica e naturale del sistema di vita che conduce.  

Bari, 1957.
Aula Consiliare della Provincia.

  «Come il nonno, come il padre, anche i figli devono vivere là in campagna, curvi alla terra.» E sul mancato accesso all’istruzione aveva scritto: «La mancanza assoluta dell’ambiente scolastico spinge qualche ragazzo di buona volontà a disertare l’aula, nonché il docente, che non è tenuto all’eroismo! Si pensi che in comuni di circa 9000 anime, come Grassano, manca un edificio scolastico. Insegnanti ed alunni di mala voglia sono costretti ad abitare stamberghe o, se si vuole essere larghi, stalle ripulite di vecchi conventi e di case cadenti. Eppure i milioni ci sono! Ma ci sono per creare organismi politici ed enti pseudoautonomi che nascondono gli intrighi più lerci e gli interessi più sfacciati di appaltatori e di costruttori… Ci sono dunque i milioni ed allora è tutta una congiura contro la povera gente, contro i figli del popolo, i quali devono restare analfabeti, tonti, perché sia più facile tenerli schiavi e non permetter loro avanzare pretese di giustizia e libertà.»

  Durante le campagne elettorali e i comizi, il professore giunse in ogni angolo della Basilicata, toccando con mano la triste condizione contadina nei comuni lucani, che erano «Al pari di Tursi, senza strade, senza una casa per uomini, ma grotte con la sola luce della porta, e autentiche caverne annerite ed umide; al pari di Montalbano e di Valsinni e di Rotondella, dove gli agrari, i veri signori del paese, avendo nelle mani le leve di comando, tengono in soggezione, in servitù i contadini che vivono nelle paludi e nella malaria. 

Manifesto elettorale dell'epoca.

  E’ qui che il conservatorismo feudale, negatore di civiltà e di benessere, non permette che il socialismo entri, e attenta alla vita fisica di chi osa sventolare la bandiera rossa. E’ qui, come a San Giorgio, che le sedi socialista e comunista vengono assalite di continuo dal popolo aizzato dagli agrari…»

  Attraversando quelle remote contrade, incontrò gli uomini che avevano conosciuto Canio Musacchio, indimenticabile «apostolo del socialismo meridionale». Ad Irsina, ad esempio, dove migliaia di contadini ascoltarono il Prof. Dino De Lucia e la sua oratoria coinvolgente. Di Canio Musacchio, qualche tempo dopo, scrisse: «Al popolo oppresso, schiavo, parlò il linguaggio della nuova umanità, della vera fratellanza, dei diritti del lavoratore, del progresso e della libertà morale ed economica. E lo vidi, il piccolo uomo di Gravina, perseguitato, incarcerato, malmenato, fare a piedi la strada polverosa, nuovo pellegrino del socialismo italiano, entrare nei campi, affiancarsi al ricurvo contadino, bere alla stessa brocca, stringere la stessa marra, dormire nelle stesse tane, lieto e sorridente penetrare l’intelligenza e il cuore dei buoni montanari che nel chiuso delle grotte per sfuggire alle ire dei ‘galantuomini’ feudali, pendevano dal suo labbro.

      

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